25 Novembre 2020 Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

L’Anpi di Vigevano quest’anno vuole ricordare una pratica aberrante chiamata “MADAMATO” perpetrata sulle donne africane nelle colonie occupate dall’Italia di Mussolini: Somalia, Eritrea, Etiopia, Libia.
Di seguito abbiamo riportato il testo del video predisposto: collegamento al video
madamato
In tutti i conflitti armati del passato e del presente, come nelle operazioni di peacekeeping, le violenze sessuali e gli stupri di massa restano ancora un’arma spietata utilizzata per annientare “il nemico” e la sua comunità di appartenenza.
Che cos’era esattamente il madamato?
Il termine madamato designava, una relazione temporanea more uxorio (conviventi ma non sposate) tra un cittadino italiano (soldati prevalentemente, ma non solo) ed una donna nativa delle terre colonizzate, chiamata in questo caso madama (molto meno di una moglie e poco più che una schiava).
Ecco come viene descritta dalla Corte d’Appello di Addis Abeba: “Si verifica madamismo se un nazionale per circa cinquanta giorni tiene in casa propria un’indigena, mangiando e dormendo con lei, e trattandola non già come una domestica, ma come compagna, sia pure provvisoria, di vita.
Una forma di contratto sociale segnata dal dominio autoritario dell’uomo sulla donna, del colonizzatore sull’indigeno, dell’adulto sul bambino.
Usuale era infatti la pratica di scegliere come ‘spose’, bambine vergini – strappate alle famiglie – anche per avere una minore possibilità di contrarre malattie veneree.
Solo dopo le guerre nella ex Jugoslavia e la persecuzione dei tutsi in Rwanda, lo stupro di guerra è stato riconosciuto dalla comunità Internazionale come un crimine contro l’umanità. Ma la conoscenza, l’analisi e le tutele giuridiche non hanno messo ancora in crisi questa pratica che si perpetua da un conflitto all’altro, sia nelle azioni di guerra che in quelle operazioni che vengono definite “di pace”.
La rappresentazione delle donne africane nella fotografia, nel cinema e nelle canzoni popolari dell’epoca diede un contributo fondamentale nella costruzione dell’immaginario collettivo italiano sull’Africa, fornendo un impianto culturale fondamentale per la legittimazione della conquista e la costruzione del consenso popolare attorno all’impresa coloniale.
Il regime diffuse quindi il mito della Venere nera tra le truppe, specialmente nella fase di preparazione e nei primi mesi della campagna di Etiopia tramite manifesti, canzoni, cartoline e fotografie di “nudi esotici”.
Attraverso le immagini diffuse dalla propaganda coloniale, l’Africa diventa il territorio in cui il maschio italiano riscopre la sua (primordiale virilità) conquistando quelle terre selvagge in cui la donna africana è parte integrante del paesaggio.
ERA UN ANIMALINO DOCILE
Raccontava Indro Montanelli alla Rai nel 1982: “Aveva dodici anni, ma a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire. “
Era un animalino docile, io le misi su un tucul (una capanna di paglia) con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi. Arrivava questa mia moglie, con la cesta in testa, che mi portava la biancheria pulita”, era una bellissima ragazza.
Oltre alla schiavitù sessuale, alle morti delle bambine a causa delle violenze sessuali, o per complicazioni durante le gravidanze ed il parto, tutto questo produrrà un’altra atrocità non secondaria: il triste destino dei figli nati dagli abusi, “meticci” non riconosciuti dai padri la cui unica sorte era quella di essere abbandonati.
Per non dimenticare.