Diamo spazio a un’altra risposta all’intervista a monsignor Paolo Rizzi, chiamato a rispondere in merito al processo di beatificazione che sta coinvolgendo il partigiano Teresio Olivelli.
L’intervista del giornalista De Agostino a monsignor Rizzi, postulatore nella causa di Beatificazione del Venerabile Teresio Olivelli, è stata molto interessante per una serie di motivi. Il principale, crediamo noi dell’ANPI di Vigevano, è la presa di posizione netta: Teresio Olivelli non potrà mai essere il santo simbolo anche della scelta resistenziale, portavoce dunque di quei valori non divisivi ma condivisi di libertà, giustizia e democrazia. Sarebbe una strumentalizzazione ideologica. Siamo a conoscenza della presa di posizione della curia di Vigevano, oltre che di monsignor Rizzi, su questo punto. Non potendo negare la scelta di Teresio dopo l’otto settembre del 1943, si teorizza che egli fu cristiano nella Resistenza, come era stato nel Fascismo, ma non fu uomo della Resistenza.
L’amara impressione che ne ricaviamo è che il periodo partigiano sia il periodo scomodo, quasi fosse una macchia nella biografia di Teresio. Perché? Nei suoi scritti clandestini è chiaro il suo allontanamento dal fascismo anche dal punto di vista ideologico. Bellissime e toccanti sono le sue riflessioni sulla politica come mito e inganno. Il Regime ha ingannato i giovani e li ha trascinati nel baratro di un conflitto mondiale, li ha allontanati dai veri valori che, certo, per Teresio sono i valori cristiani. Il Regime ha reso i giovani servi e ha voluto forgiare un uomo senza la capacità di decidere in modo autonomo, chiamato a credere ma non a pensare. E qual è la lezione di Teresio? Il monito e il suo grande lascito per i tempi futuri? Invece di proporre una interpretazione, ascoltiamo le sue parole dal giornale il Ribelle (n.2).
“Siamo dei Ribelli: la nostra è innanzitutto una rivolta morale”. Parole attuali, su cui ancora dovremmo riflettere. Ma Ribellione contro chi? “Contro lo stato che assorbe e ingoia scoronando la persona di ogni libertà di pensiero e di iniziativa e prostrando l’etica all’etichetta, la morale al prono rito di ossequio. Contro una classe dirigente di politicanti e di plutocrati che invece di servire le istituzioni se n’è servita per la propria libidine di avventuroso dominio o rapace guadagno, che del proprio arbitrio ha fatto legge….” La Resistenza europea, lo sappiamo, è stata un grande movimento che voleva opporsi al nazifascismo in nome di un’Europa dei popoli, libera e democratica (Libertà giustizia solidarietà era il motto del Ribelle). Per il resistente il crudele ordine mondiale che si stava edificando era la negazione di ogni valore, politico, religioso, umano.
“L’uomo è fatto belva e vittima: fino alla persecuzione spietata delle Gestapò e delle Ovra, fino alle percosse e ai tormenti, la soppressione di singoli e di popoli interi. Ma chi non rispetta in sé e negli altri l’uomo, ha anima di schiavo.” Ecco perché Teresio, come tanti altri, scelse di entrare nella Resistenza, nonostante lo stesso padre Agostino Gemelli avesse tentato di dissuaderlo, consigliandolo di attendere la fine della guerra per impegnarsi.
Ma egli condannava l’attendismo e voleva esserci nel momento storico in cui si era chiamati, in una scontro mortale, a lottare contro la micidiale ideologia divisiva e distruttiva del nazifascismo.
“Tra il loro “mondo” e questo nostro, l’abisso è inadeguabile. Col passato dell’ottobre e del luglio abbiamo tagliato i ponti: il duro travaglio bellico e la sofferta esperienza ci hanno purificato di tutte le scorie: vogliamo spazzarne via le rovine… l’otto settembre è uno spartiacque: di lì rampolla e dirompe la vita nuova della nazione che ci divampa nello spirito, si illumina di verità, freme nell’azione… Chi prova questo alto e fecondo godimento dello spirito sia questa libertà che nessuno ci può togliere, ne sente tutto l’impegno costruttivo, impegno serio, religioso; di vita interiore ed integra, di ripensamento ed approfondimento, di preparazione dei fondamenti e delle strutture della città futura.”
Ecco il grande insegnamento di un uomo della Resistenza italiana che ci dice: uniamoci per creare una nuova convivenza civile e politica, impegnamoci per un mondo migliore e elabora in clandestinità un programma ricostruttivo ad ispirazione cristiana. Che cosa c’è in questo programma? Libertà, uguaglianza, attenzione al valore della persona, lotta contro l’ingiustizia, il privilegio e la guerra, diritti, scuola per tutti, lavoro. Un utile esercizio sarebbe rileggere questo programma. C’è la nostra Costituzione: gli articoli 1, 2, 3, 4, 11, 12, 29, 34 ecc. Egli ripudiava: “il nazionalismo esagerato che deifica la nazione; il mito della necessità e della fecondità della guerra; l’imperialismo economico che soffoca le piccole nazioni o trasforma i rapporti internazionali in rapporti predatori.
Il “famigerato” Teresio Olivelli, sono parole della Guardia nazionale repubblicana, considerato dai fascisti traditore, fu dunque arrestato, grazie a una delazione, torturato e rinchiuso a San Vittore, poi inviato a Fossoli. Qui, il 12 luglio 1944, non essendo uomo della Resistenza ma anomalo cristiano nella Resistenza, fu inserito dalle SS in un elenco di 70 persone da fucilare. Chi scorre quell’elenco, ci trova il Gotha della Resistenza, tra cui anche i cattolici Carlo Bianchi e Galileo Vercesi. Le SS pensarono di eliminare fisicamente i leader e quelli che ritenevano più pericolosi, prima dell’invio nel lager degli altri. Teresio riuscì ad occultarsi con l’aiuto di Odoardo Focherini e… di due altri reclusi, operai comunisti. Ripreso, torturato di nuovo, inviato a Bolzano, si inserì subito nella rete clandestina del campo. Il filosofo Pietro Chiodi lo descrive solidale e coraggioso. “Egli sa di essere nel mirino dei tedeschi. Lo sa ma non trema”. Umano, troppo umano, anche nel lager Teresio resta uomo della Resistenza, triangolo rosso dunque. A Flossenburg egli si comportò da cristiano, è vero, fu splendido esempio di umanità, pregò, fu di conforto agli altri, pianse. Soffrì.
In un mondo senza Dio fu testimone di fede, ma non mise steccati e chi gli era vicino e non era religioso lo amò ugualmente. Perché? Perché vedeva in lui realizzata la speranza. Quale? Teresio era la prova vivente che un mondo a misura di uomo era possibile, che il disarmo dello spirito si poteva vincere, e che sacrificarsi per un futuro migliore non era vano.
Fu Ivan Goguel, medico francese originario della regione dei Vosgi, a comunicare in due lettere alla famiglia, le circostanze della sua morte. Teresio in infermeria gli aveva chiesto di scrivere alla mamma, ciò significava anche impegnarsi a ricordare l’indirizzo per un tempo indefinito, un atto di resistenza in lager che anche Teresio aveva sperimentato quando aveva raccolto e mandato a memoria le ultime volontà di Odoardo Focherini. E chi era Goguel? Era un partigiano, apparteneva al convoglio dei tatuati, 1700 partigiani francesi mandati ad Auschwitz e poi a Buchenwald e Flossenburg.
Perché, ricordiamolo, i partigiani di tutta Europa, se catturati, avevano solo due destini: o la fucilazione o la deportazione. Teresio li ha vissuti entrambi.
Egli ha dimostrato anche con i suoi scritti che, con l’impegno e l’azione, con il noi e non con l’io, un mondo diverso è possibile.
Cursor era ben consapevole che ogni cambiamento porta con sé la necessità di un impegno. “A questa nuova città aneliamo con tutte le forze: più libera, più giusta, più solidale, più cristiana. Per essa lottiamo: lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere largita dagli altri.” Ecco il grande insegnamento della Resistenza: se volete cambiare la società in cui vivete, impegnatevi, sacrificatevi, non recriminate, agite!
Pensi pure monsignor Rizzi che Teresio è uomo di Dio. Anche noi dell’Anpi lo pensiamo. Ma non dimentichiamo: in Italia, grazie al sacrificio di Teresio e di tutti gli altri che, come lui, invece di attendere i liberatori, hanno pensato bene di liberarsi da soli, esiste la democrazia. Dunque l’Anpi ritiene che Teresio, uomo di Dio, è anche uno dei più begli esempi di partigiano resistente. Gli scritti di Teresio del periodo clandestino dovrebbero essere divulgati e conosciuti anche nelle scuole. Tra l’altro si scoprirebbe che molte idee di Teresio non sono lontane da quelle di Papa Francesco.
Salvatore Marrano, ANPI Vigevano – Antonietta Arrigoni e Marco Savini, ANED
29 giugno 2017